La Corte di Cassazione ha affermato che in caso di infortunio sul lavoro, dal quale sia derivata la morte del lavoratore a distanza temporale dal fatto anche brevissima, è risarcibile al lavoratore, ed è quindi trasmissibile jure hereditatis, il c.d. danno tanatologico o da morte immediata, il quale va ricondotto nella dimensione del danno morale, inteso nella sua più ampia accezione, come sofferenza della vittima che assiste allo spegnersi della propria vita.
Al fine del riconoscimento del danno tanatologico, ossia derivante dalla morte di un individuo e distinto dal danno morale e biologico, agli eredi di una vittima di un infortunio sul lavoro è sufficiente che tra il manifestarsi dell’evento lesivo e il decesso dell’infortunato siano trascorsi solo pochi istanti.
A tale giusdizio è arrivata la sentenza n. 13672 del 4 giugno 2010.
Fattore fondamentale non è al durata temporale ma il fatto che la vittima si sia potuta rendere conto della tragicità dell’evento e ne abbia perciò subito una sofferenza psicologica prima della morte.
Alla vittima dell’infortunio è riconosciuto il danno morale perché le lesioni fisiche gli hanno procurato una sofferenza psichica seguita dopo breve lasso di tempo dalla la morte.
In conseguenza di tale sentenza gli eredi possono richiedere il risarcimento danni.