In questi giorni cresce il dibattito attorno all’Articolo 18, l’Articolo che definisce il lavoro dipendente e le sue tutele.
L’argomento è tornato alla ribalta dopo le dichiarazioni del Ministro del Lavoro Elsa Fornero, secondo cui mettere mano all’Articolo 18 è necessario in primis per poter garantire dei salari più alti ed abbattere le pensioni “privilegiate”, in modo da “abbassare il divario dei redditi che si è creato negli ultimi 20 anni”.
Immediatamente si è però levata la protesta dei sindacati, restii all’idea di rivedere le norme sul lavoro dipendente, soprattutto considerando che da più parti si è ipotizzato di rivedere i contratti a tempo indeterminato, favorendone la diffusione rispetto ai contratti atipici, ma al contempo ampliando le possibilità di flessibilità in uscita che, con questo contratto, oggi sono piuttosto ridotte”. In sostanza, maggiori possibilità di licenziamenti anche con un contratto a tempo indeterminato.
Il segretario Cisl Raffaele Bonanni si è subito mostrato contrario, parlando di “rischio per la coesione sociale” e suggerisce invece di pagare di più i contratti flessibili già presenti.
Pesanti critiche anche da parte del leader della Cgil Susanna Camusso, la quale evidenzia come l’Articolo 18 è una norma che garantisce come nessuno possa licenziare un lavoratore soltanto per opinioni divergenti o antipatie personali.
In realtà l’obiettivo del Ministro Fornero è anche quello di limitare il più possibile i contratti a termine per favorire in ogni caso una maggiore stabilità del lavoro, in cambio di qualche rinuncia oggi presente nella disciplina dei contratti a tempo indeterminato. La riforma sembra essere necessaria soprattutto in vista del cambio generazionale.
E voi da che parte state, il gioco vale la candela?