La domanda madre rimane quella del titolo per


È ormai dal 2007 che si parla di crisi: crisi nazionale, crisi internazionale, crisi mondiale, crisi del debito…siamo sommersi continuamente da questa parola ad ogni livello mediatico, tanto che – ormai – sta quasi diventando la norma per la maggior parte di questi “under 35” che costituiscono la prima generazione dal secondo dopoguerra ad oggi a vivere peggio dei propri genitori.
Cosa è cambiato in questi cinque anni? Poco e niente. Il tasso medio di disoccupazione di tutti i paesi Ocse è al 7,9%, pressoché identico al picco dell’8,5% che la crisi ha raggiunto. L’incertezza e il caos finanziario e del debito pubblico la fanno da padrona, così che qualsiasi strumento non si è rivelato sufficiente a rilanciare il lavoro e gli investimenti delle imprese, frenate da quella che sta diventando una vera e propria “cultura della paura”. Se una volta la paura era scaturita dal termine “terrorismo”, oggi è spostata sulla parola “debito”.
La nostra Costituzione è l’unica – come ha fatto notare non molto tempo fa Benigni nel suo relativo show – che mette al primo posto il lavoro. “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”. Quanto di più alto e nobile possa essere detto. Ma siamo sicuri che oggi queste parole, il primo e più importante punto di tutta una Carta Costituzionale, non siano ridotte ormai a carta straccia?
Il lavoro è un miraggio per molti, il lavoro stabile un vero miracolo. In Italia come in Europa. La zona euro presenta un tasso di disoccupazione dell’11,5% che è sempre aumentato dal 2007 ad oggi, anche quando ci sono stati deboli segnali di ripresa. Più della metà di questi – in Italia – è un disoccupato di lungo termine, ossia non trova un lavoro da oltre un anno, con rischi in termini di scoraggiamento, perdita di autostima, problemi nel far fronte alle spese e nel pensare a un futuro autonomo, rischi psicologici. Chi risarcirà tutto ciò, lo Stato Italiano? L’Europa? La risposta più probabile è: nessuno.
Il debito pubblico mondiale è ridotto ormai a una farsa sempre più incontrollata e ingestibile, come evidenziato dall’autorevolissima fonte dell’economist e non farà altro che crescere. Un gran parlare di debiti e debiti. Ma la seconda vera domanda è: chi detiene i crediti? Mistero insoluto.
È bene che gli Stati si mettano tutti a tavolino per trovare una soluzione all’emorragia finanziaria originata da banche e speculatori senza scrupoli – una voragine in cui finiscono le speranze di tutta la gente onesta e che merita un futuro molto più di una manciata di farabutti – per promuovere un vero e proprio piano di rilancio della finanza, dell’economia e del lavoro su scala internazionale. Serio e credibile, senza trucchetti e senza sotterfugi.
Siamo ormai tutti stanchi delle parole “crisi”, “debito”, “disoccupazione”, vogliamo una sola parola che nessuno ha diritto di toglierci: futuro.
immagini: stock.xchng (2 e 3); morguefile (1).