Uno studio promosso dal Gruppo Sanpellegrino incentrato sulle cause di difficoltà dei giovani nel trovare lavoro, ha evidenziato la sfiducia completa che oggi essi ripongono nella laurea quale strumento utile per trovare un lavoro. Il sondaggio si è svolto interamente online, ma è in ogni caso indice di un “sentire comune” che vale molto più di tante precisissime indagini Istat.
11.011 i ragazzi laureati o studenti universitari che hanno dato il proprio contributo rispondendo al sondaggio, che ha evidenziato tutta una serie di importanti tendenze.
Il dato principale rileva che sei ragazzi su dieci la laurea non è sufficiente per assicurarsi un lavoro. Ma altri dati vanno più a fondo indagandone le ragioni.
Per il 26% dei giovani tra i motivi principali risultano la scarsa propensione delle aziende ad assumere in questo momento storico e per i turnover bloccati. Tra i già laureati, la percezione di scarsa propensione ad assumere sale al 34% e ben il 36% indica che le difficoltà sono dovute a costi del lavoro elevati, poca attitudine degli imprenditori al rischio e al mancato incontro tra formazione dell’offerta del lavoro rispetto alla domanda reale. Per il 16%, nemmeno fare esperienza è una discriminante perché non viene riconosciuta.
Nonostante ciò, non si realizza ancora la “grande fuga” all’estero di capitale umano dal Paese perché solo il 20% (media tra il 16% dei laureati e il 24% degli studenti) pensa che cercherebbe lavoro anche al di fuori dei confini nazionali. Sempre per un 20% la situazione all’estero non cambierebbe granché, sebbene si ha il sentore che all’estero i criteri di selezione nel concedere un posto di lavoro siano più meritocratici e trasparenti (19% dei laureati).
I consigli su come sbloccare la situazione riflettono ciò che molti di voi che leggete già pensano: un maggior impegno da parte delle istituzioni e delle Università nel non abbandonare i giovani a se stessi nella ricerca del lavoro, un funzionamento reale delle strutture di collocamento come le interinali, oggi ridotte alla stregua di centralini per un posto di pochi mesi in call center. Egualmente, il 45% dei giovani vorrebbe una reale meritocrazia nelle aziende nel momento della selezione di forza lavoro.
La situazione complessiva non permette, infine, di pensare a progetti di lunga durata. 1 laureato su tre e una percentuale leggermente superiore tra gli studenti non riesce nemmeno ad immaginarsi a dieci anni di distanza, proprio perché è impossibile “pensare a lungo termine”. Globalmente, solo un 9% si immagina pienamente realizzato e, invece, un 40% dei giovani avverte molta sfiducia sul futuro a dieci anni, variamente ripartita con gli effetti che seguono: non essere più in Italia, fare un lavoro diverso rispetto a quello su cui si è investito con lo studio, ridimensionare le ambizioni, impossibilità di costruire una famiglia a causa della precarietà.
Nel complesso, un forte scoramento che può causare un pericoloso percorso “de-motivazionale”, facendo finire molti giovani a sprecarsi senza nemmeno cercare più un lavoro. L’unica speranza è rappresentata da un radicale cambiamento a livello istituzionale e politico che aiuti concretamente aziende, lavoratori e disoccupati a venir fuori dalla crisi, magari seguendo i consigli indicati. Ai posteri la sentenza, ma i nomi che si propongono al nostro Governo son sempre gli stessi…consigliamo quindi un motto che, nonostante tutto, celi un minimo di ottimismo quanto meno a livello personale, citando un vecchio film con Paolo Villaggio: “Io? Speriamo che me la cavo!”
Immagini: sxc.hu