I Centri per l’Impiego sono “gli eredi” dei vecchi Uffici di Collocamento e, oggi, assomigliano tanto ad una vera e propria macchina burocratica in cui a trovare lavoro attraverso di loro sono in pochi fortunati. I numeri snocciolati nell’articolo sono impietosi: sul totale dei 556 centri per l’impiego sparsi per l’Italia, a trovare lavoro attraverso questo strumento sono solo il 2-3% degli iscritti. Molte le testimonianze lasciate da iscritti e frequentatori dei Centri, che sottolineano l’inadeguatezza dei servizi. Per prima cosa, una lentezza esasperante dei meccanismi per l’accesso al lavoro: la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, le dichiarazioni di disoccupazione, le iscrizioni alla mobilità… tanta burocrazia che si produce in risultati quasi nulli. Il paradosso è che gli stessi impiegati dei Centri dell’Impiego si trovano spesso e (mal)volentieri in situazione di precariato, con contratti a progetto a volte del tutto sottopagati. In più, risultano insufficienti per gestire la gran mole di persone che ogni giorno inondano gli uffici nella speranza di qualche risultato, ma che si traducono sempre e solo nella produzione di certificati.
La “colpa”, però, non è nei Centri per l’Impiego in sé, ma nel modo in cui sono gestiti e nella scarsità di risorse che lo Stato vi ha convogliato. Si ritrovano, difatti, legati ancora ad un concetto troppo “vecchio” della ricerca del lavoro (le bacheche, i certificati) con una proattività della ricerca per gli altri che finisce per azzerarsi: diventa una sorta di parcheggio in cui aggiornare i propri dati di disoccupazione, chiedere un qualche certificato, e nient’altro. Ognuno si cerca il lavoro da sé, esattamente come potrebbe fare senza alcuna iscrizione al Centro per l’Impiego. La scarsità di personale e di risorse fa il resto. Come denunciato da Leggioggi.it, dei dati Eurostat dimostrano la grande differenza tra l’Italia e gli altri maggiori Stati europei nella spesa dedicata ai servizi per il lavoro. In questo campo, ad esempio, la spesa della Germania nel periodo 2005-2011 è stata di 8 miliardi di euro, quella della Francia di 5 miliardi di euro, la Spagna oltre 1 miliardo di euro, mentre l’Italia si è fermata a 600 milioni di euro con un calo considerevole dal 2008. L’insufficienza del personale è resa evidente da altri dati: tra disoccupati e inoccupati, vi è un addetto ogni 594 individui, contro i 27 della Germania, i 43 del Regno Unito o i 59 della Francia. Una differenza a dir poco abissale che non può che produrre risultati scarsissimi. E la scelta di destinare così pochi finanziamenti ai servizi per il lavoro è stata tutta italiana: 20 miliardi sono infatti stati destinati alle politiche passive come prepensionamenti e sussidi, e 5 miliardi per le politiche di incentivo e formazione. Ai servizi per il lavoro, che dovrebbero essere la strada “ordinaria” per trovarlo, sono stati destinati soltanto i già citati 600 milioni.
Dunque, sarà anche vero che in Italia i Centri per l’Impiego non funzionano, ma se questa è la situazione la colpa risiede nei Governi che si son succeduti, incapaci di destinare adeguate risorse ad un settore chiave del rilancio del lavoro come quello dei servizi.
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